L'invidia è definita come la tristezza per il bene altrui percepito come male proprio.
È figlia della superbia poichè quando si è convinti della propria superiorità, si prova facilmente amarezza nel constatare che altri hanno doti uguali o superiori alle nostre. L'invidioso quindi prova risentimento e astio per la felicità, la prosperità e il benessere altrui, sia che egli si consideri escluso ingiustamente da questi beni sia che, già possedendoli, ne pretenda l'esclusivo godimento.
A differenza della superbia, della gola della lussuria, l'invidia è un vizio che non procura piacere; le sue radici nascoste affondano nel nucleo profondo di noi stessi dove si raccoglie la nostra identità che per costituirsi e crescere ha bisogno del riconoscimento; quando questo manca, l'identità si fa più incerta, sbiadisce, si atrofizza ed entra in scena l'invidia che permette a chi è incapace di valorizzare se stesso una salvaguardia di sè nella demolizione dell'altro.
Prima di essere un vizio è un meccanismo di difesa, un disperato e maldestro tentativo di recuperare la fiducia e la stima di se stessi e del proprio valore, svalutando l'altro.
È la società a decidere il valore degli individui, e nella società contemporanea il criterio di decisione è il successo. Quando la società fa mancare il riconoscimento si scatena così l'invidia, un sentimento "inutile" che impoverisce il mondo senza riuscire a valorizzare chi lo prova; è questa la ragione per cui l'invidioso è costretto a nascondere il suo sentimento e a non lasciarlo mai trasparire perchè altrimenti si metterebbe a nudo, dando a vedere le sue aspirazioni e i suoi fallimenti personali, le sue difficoltà e i suoi limiti.
Nel libro della Sapienza si ricorda che "la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo"; il testo sacro collega il limite dell'umanità ad un peccato d'invidia e Satana è l'invidioso per eccellenza. Percorrendo la Sacra Scrittura da Caino a Saul si vede come l'invidia nasca dalla grandezza dell'altro non accolta e diventata elemento di confronto e rivela un senso di sconfitta.
Nel Cristianesimo l'invidia è un vizio capitale perchè, come la superbia, porta all'eccessivo amore di sè a scapito dell'amore fraterno e dell'amore per Dio, creando così una grande possibilità per l'azione del male.
Spesso l'invidia si manifesta nel vizio del pettegolezzo. Si deve parlare di altri, si va in cerca dei loro errori, perchè non si concede loro che qualcosa gli vada bene. Si vogliono screditare gli altri per mettere in mostra se stessi. Si spiano i loro errori per squalificarli..
Per invidia sto sempre a pensare agli altri; li devo sminuire per poter credere nella mia grandezza. Non posso godermi la vita, perchè di sottecchi devo guardare sempre gli altri, che forse stanno meglio. Appena incomincio a gioire di qualcosa, sminuisco la gioia, scoprendo negli altri qualcosa che mi manca.
L'invidia può cambiare se l'ammetto coscientemente e la tengo presente fino in fondo. Capendo la mia invidia entrerò in contatto con i miei desideri più nascosti e con le delusioni che la vita mi ha provocato. Sentirei anche cosa potrei sviluppare attraverso le capacità che mi sono state donate, e cosa non ho portato a compimento. L'invidia così non mi paralizzerà più, ma mi condurrà alla sorgente delle mie possibilità di vita.
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