Il termine, nel greco classico, designa la negligenza, l'indifferenza,
la mancanza di cure e di interesse per una cosa. Designa inoltre l'abbattimento,
lo scoraggiamento, la prostrazione, la stanchezza, la noia e la depressione
dell'uomo di fronte alla vita.
É lo smarrimento estremo: si produce uno stato d'animo che
intacca e rischia di disorientare tutto ciò che raggiunge.
Due conseguenze tipiche sono l'instabilità e il disprezzo per
gli impegni della propria vita.
L'uomo non padroneggia più la vita; le vicende lo avviluppano
inestricabili, ed egli non sa più vederci chiaro. Non sa più
come cavarsela in determinate vicende della propria esistenza; e il
compito a lui affidato gli si erge davanti insuperabile, come la parete
di una montagna.
L'accidia ha un carattere complesso e confuso: è un miscuglio
di pensieri provenienti da forze diverse. Chi è colpito dall'accidia
avverte un senso di disordine e di illogicità in cui si intrecciano
reazioni contrastanti: si detesta tutto ciò che si ha e si
desidera ciò che non si ha.
Si percepisce che tutta la propria esistenza perde di tensione, è
come allentata in un senso di vuoto, nella noia e nella svogliatezza,
in una incapacità di concentrarsi su una determinata attività,
nella spossatezza e nell'ansia. Viene a mancare un punto di attrazione,
un polo che catalizzi tutte le componenti della persona, e questa
perdita di scopo sembra trascinare tutto in un vuoto senza fine.
A causa dell'angoscia e dell'ansietà, la vita appare senza
più punti sicuri, senza certezze, come appoggiata su di una
superficie fluttuante.
Altri sintomi dell'accidia sono l'indifferenza è l'instabilità.
Questa instabilità si manifesta in diversi modi: dal cambiare
casa o lavoro, al fuggire verso situazioni ritenute ideali; dall'instabilità
di umore all'instabilità di giudizio; dall'instabilità
nei rapporti interpersonali alla sfiducia verso se stessi. Anche la
ricerca di sempre nuove emozioni e divertimenti e la paura di lasciare
spazi vuoti da impegni sono palliativi di fronte a una situazione
esistenziale che si minaccia vuota e priva di senso.
Pascal diceva "Ho scoperto che tutta l'infelicità degli
uomini deriva da una sola causa, dal non saper starsene in pace, in
una camera".
Un ultimo sintomo dell'accidia è lo sconforto: l'impossibilità
per l'uomo di vedere qualche cosa di buono e di positivo: tutto viene
ridotto al negativismo e al pessimismo. L'insoddisfazione diventa
la modalità normale di affrontare l'esistenza, e spesso anche
ogni possibilità di futuro diventa inimmaginabile.
Una realtà complessa come l'accidia trae origine da numerosi
fattori. Tuttavia, una delle cause più frequenti è
l'amore smodato per se stessi, quella passione per se stessi che
porta ad essere prigionieri del proprio io. Questo amore di sè
è in fondo il vero idolo che minaccia la nostra vita. Se
l'io è il centro assoluto del proprio mondo, allora si valuta
ogni cosa in funzione dei propri bisogni, della propria idea, dei
propri desideri e giudizi.
Ci sono inoltre due cause, apparentemente contradditorie, che favoriscono
l'accidia, e sono l'ozio e l'attivismo.
L'ozio è la mancanza di occupazioni, di interessi, ma soprattutto
una realtà che rende la vita quotidiana amorfa e trascinata.
Davanti ad ogni prerogativa l'ozioso si chiede "a che pro?"
e trasforma la propria vita in un deserto.
D'altra parte, lavoro e impegni eccessivi, che disperdono e creano
molti punti di riferimento non collegati tra di loro, possono provocare
uno stato di accidia: ci si è dati un compito al di là
delle proprie forze e si crolla.
L'equilibrio, la discrezione e la moderazione permettono di dare
una misura alla propria vita e a ciò che si fa. Si tratta
di quella saggezza che nasce dalla consapevolezza dei propri limiti
e delle possibilità che sono in noi, e permette un reale
dominio di sè.
Molti autori insistono inoltre sulla necessità di non fuggire
di fronte a questa situazione esistenziale. La fuga è infatti
l'illusione di trovare altrove o diversamente una liberazione da
questo pensiero.
Altri rimedi per l'accidia sono la pazienza e la stabilità.
La stabilità è la capacità di perseverare,
di continuare un cammino anche se si è tentati di interrompere
la via che si è intrapresa. E un tempo in cui ci è
data la possibilità di perseverare è il quotidiano:
rimanere nel quotidiano, senza "sognare la vita" fuggendo
dalla sua precarietà. Ciò comporta una rinuncia a
tutte quelle illusioni che ci appaiono come alternative al presente;
comporta accettare se stessi e l'altro; comporta accogliere le fatiche
dei propri impegni o il peso della comunità in cui siamo
inseriti. Per combattere l'accidia, insomma, bisogna ritrovare uno
scopo e riprendere gusto per una vita vera.